Il Poema Sinfonico

Articolo redatto per il n. 3 di CADZINE, agosto 2014

 

Il poema sinfonico è una composizione di ampio respiro, quasi sempre in un solo movimento, che sviluppa musicalmente un’idea ispirata ad un’opera letteraria, prosa o versi che siano, oppure ad un’opera figurativa, filosofica, può anche essere un omaggio a luoghi od occasioni particolari, ed anche una libera intuizione del compositore. Il poema sinfonico deriva direttamente dalla musica a programma, forma prediletta dai musicisti romantici, che nella Sinfonia Fantastica di Berlioz vede uno degli esempi più significativi.

La funzione descrittiva è stata sempre uno degli scopi principali del linguaggio musicale. Ricordiamo le “Cacce” trecentesche, le “Battaglie” del Cinquecento; celeberrimi sono i quattro concerti dell’opera 8 di Vivaldi “Le Quattro Stagioni”, ispirati ciascuno di essi ad una stagione dell’anno e composti su altrettanti sonetti di autore ignoto. Non meno famosa è la Sesta Sinfonia di Beethoven, “Pastorale”; qui ognuno dei quattro movimenti è accompagnato da una descrizione della vita dei campi; Beethoven si ispira alla campagna e attraverso l’orchestra ne imita i suoni.

Con Berlioz, le tante azioni descrittive si legano tra loro per costruire una “storia” da raccontare in musica; lo strumento per la sua realizzazione è l’idea fissa, cioè il tema musicale che ricorre frequentemente per tutta la composizione e che ha come specifico riferimento un personaggio, un evento, un oggetto, un sentimento, un’idea.

Il forte sentimento di libertà che pervade il XIX secolo, spinge i compositori verso forme musicali sempre più lontane da schemi precostituiti, vicine peraltro al sentimento e all'irrazionalità che caratterizza l’epoca romantica, ed è in questo contesto, con il progressivo dissolvimento della Sinfonia, che si afferma il poema sinfonico come espressione tardo romantica della musica a programma.

Il poema sinfonico prende forma dalla fantasia creativa di Franz Liszt, il cui maggiore intento era quello di fondere l’ispirazione letteraria con la musica strumentale pura, in modo da poter esprimere con la musica quelle medesime azioni interiori che sono oggetto dell’espressione poetica stessa ed è quindi indispensabile il collegamento tra musica e letteratura. Le orme del grande pianista ungherese, che a questa forma si dedica quasi esclusivamente tra il 1849 e il 1857 componendo 14 poemi sinfonici, vengono seguite da tanti altri musicisti con la più abbondante fioritura in Germania, sul finire del XIX secolo, per opera di Richard Strauss. In Italia, il poema sinfonico trova sviluppo dopo il 1910, soprattutto con Ottorino Respighi che a questa forma musicale dedica sette composizioni: Le fontane di Roma, Ballata delle Gnomidi, I pini di Roma, Vetrate di Chiesa, Trittico botticelliano, Impressioni brasiliane, Feste romane.

Il poema sinfonico può presentarsi con i suoi episodi saldamente concatenati, oppure nettamente diviso in quadri dal titolo e dal programma diverso, come nelle opere del citato Respighi, ed ancora in un unico brano, come nell’Apprendista Stregone di Dukas. Particolarmente interessante e significativa sotto gli aspetti formali e nazionalistici è l’opera di Smetana “Má vlast” (La mia Patria), formata da ben sei poemi sinfonici.

Un esempio d’immediata percezione, riguardo agli intenti descrittivi del poema sinfonico, è fornito dal brano “Nelle Steppe dell’Asia Centrale” di Aleksandr Borodin. Sul tema di una canzone russa, Borodin descrive il paesaggio sabbioso della steppa e l’avvicinarsi di cavalli e cammelli; una lenta melodia orientale sottolinea il transito della carovana, e nel suo allontanarsi la musica pian piano si dissolve.

Camille Saint-Saëns, per la sua Danza Macabra, si ispira ai versi di Henri Cazalis e mentre il violino suona un’aria di danza, gli scheletri vagano nell’ombra avvolti in bianchi sudari.

Modest Mussorgskij trae ispirazione dai racconti di Nikolaj Gogol’, e nel poema “Una notte sul Monte Calvo” immagina un sabba delle streghe ai piedi del Monte Triglav.

Paul Dukas fa riferimento in una ballata di Gothe nella quale il protagonista è un apprendista stregone che durante l’assenza del maestro cerca di imitarlo. Oggetto dell’incantesimo è una scopa alla quale comanda di prelevare acqua dal pozzo, ma poi non riesce più a fermarla avendo dimenticato la parola magica; soltanto l’intervento del vecchio maestro porrà fine al disastro.

Un altro esempio, questo con intenti celebrativi, possiamo trovarlo nell’Overture 1812 di Ciajkovskij, scritta per commemorare l’anno della disfatta di Napoleone durante il tentativo d’invasione della Russia. L’orchestra rende vivo lo scontro delle due armate, sottolineato dall’esecuzione dell’inno “Dio salvi lo zar” e della “Marsigliese”. I colpi di cannone, nel diminuendo finale, segnano il ritiro da Mosca e il ritorno dei francesi sui propri confini. La vittoria e la liberazione della Russia sono celebrate in pompa magna nel finale arricchito da rintocchi di campane.