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  • La crisi del sistema tonale
  • Cenni sulla DODECAFONIA
  • Vita ed Opere di Shoenberg (pronuncia "scenberg")
  • Un sopravvissuto di Varsavia

La crisi della tonalità e dodecafonia

La scala temperata, che costituisce tutt’oggi il nostro sistema musicale, fu calcolata da Andrea Werckmeister alla fine del XVII secolo e subito accolta da J.S.Bach. E’, come quasi tutti i sistemi musicali, un sistema tonale, basato sul rapporto gerarchico che in una data successione di suoni si stabilisce nei confronti di una tonica, cioè di un suono prescelto attorno al quale gravitano tutti gli altri.

Verso la metà dell’Ottocento l’insofferenza verso la gerarchia dei suoni imposta dalla tonalità si manifestò nell’applicazione sempre più sistematica del cromatismo, procedimento che consiste nell’alterare di un semitono discendente o ascendente una o più note della scala. Con Wagner, agli inizi del 900, il cromatismo compenetrò sempre più le strutture tonali, fino ad arrivare ad una musica che non era più organizzata sulle funzioni tonali, ma sull’applicazione più o meno radicale delle risorse della scala cromatica. 

Seguendo la traiettoria più radicale e progressiva del post-Romanticismo, e cioè attraverso il cromatismo estremo, Arnold Schönberg ( 1874-1951) portò a compimento il processo di dissoluzione della tonalità. Le composizioni del periodo atonale di Schönberg prescindono sia dal concetto di dissonanza che da quello di centro tonale, opponendosi frontalmente all’accademismo dei conservatori, fondato su pretese "leggi di natura" che giustificherebbero la tonalità. La musica si libera così dei principi organizzativi fino ad allora imperanti, ma senza ancora sostituirli con un sistema nuovo. Nel contesto della profonda crisi che precede il primo conflitto mondiale, il rifiuto dei valori tradizionali prende la forma di rifiuto della tonalità che da secoli garantiva l’ordine delle composizioni. È l’istanza di un’espressione immediata, esasperata del proprio io che fa di Schönberg il caposcuola dell’Espressionismo musicale.

Successivamente l’esigenza di riorganizzare i mezzi formali della costruzione musicale conduce Schönberg alla Dodecafonia, da lui stesso definita come "metodo di composizione con 12 note che siano in relazione solo l’una con l’altra". Il sistema dodecafonico si basa sulla scala cromatica in cui tutte le note sono equiparate, annullando così ogni distinzione tra nota alterata e nota non alterata (e annullando di fatto l’originaria funzione del cromatismo).

Tutti i suoni devono essere considerati "uguali", dodici, come i gradi cromatici, non sette, come la scala, e ad essi non deve essere riconosciuta alcuna relazione gerarchica d’origine tonale, come invece avveniva nell’armonia classica. Proprio per escludere la predominanza di un suono sull’altro, ciascun suono può essere ripetuto solo dopo l’utilizzo degli altri undici. Altra regola importante è quella per cui la melodia così ottenuta può essere ripetuta solo capovolta (inversione) o al contrario (retrogradazione).

Prima della seconda guerra mondiale pochi compositori adottarono la dodecafonia al di fuori dalla cerchia di Schönberg. Intorno al 1950 però il metodo dodecafonico si propagò rapidamente in tutto il mondo. Grande sviluppo ebbe soprattutto il concetto di serialità, di cui la dodecafonia, in quanto serie di dodici note, costituisce la prima formulazione, che consiste nella ripetizione e variazione di una data sequenza (la serie) secondo tutti gli elementi musicali: altezza, ritmo, timbro, ecc.


DODECAFONIA Sistema di composizione musicale, inventato a Vienna da A. Schönberg nei primi anni del 20° secolo. Nella d. i dodici suoni della scala cromatica temperata sono posti in relazione uno con l’altro senza che i loro rapporti siano in alcun modo riferibili a una nota fondamentale (come invece avviene nella tonalità). Il compositore dispone in ordine le note creando una serie, a seconda del suo gusto e della sua fantasia.

Dalla serie viene estratta la linea melodica per mezzo di permutazioni ottenute attraverso il recupero di molti stilemi del contrappunto (inversione, retrogradazione ecc.), mentre l’armonia è il risultato della sovrapposizione verticale di diverse forme della serie. 

Se nella musica classica l’unità era assicurata alla composizione dal rapporto armonico tonica-dominante, nella d. l’unità è ottenuta con l’impiego della serie. Dal suo primo sorgere in poi la musica dodecafonica ha ampliato le sue basi.

Dopo Schönberg, e i suoi discepoli A. Berg e A. Webern, hanno continuato questa tecnica altri compositori, come E. Wellesz, E. Krenek, R. Leibowitz e H. Searle, e scuole dodecafoniche sono sorte in molti paesi. In Germania si sono avvicinati alla tecnica dodecafonica tra gli altri K.A. Hartmann, B. Blacher e, successivamente, H.W. Henze; in Francia è da ricordare, oltre Leibowitz, A. Casanova; in Svizzera hanno utilizzato procedimenti dodecafonici F. Martin, R. Liebermann; in Italia l’adesione alla d. di L. Dallapiccola è stata seguita da quella di altri autori, fra cui B. Maderna; in Inghilterra ha operato, fra gli altri, l’ungherese M. Seiber; in Cecoslovacchia, A. Hába si è dedicato prevalentemente alla composizione di musiche pluricromatiche, ma si è servito anche a volte della tecnica dodecafonica; in Svezia tra i compositori dodecafonici figura I. Lidholm; la produzione del compositore greco N. Skalkòttas, allievo di Schönberg, è stata praticamente scoperta dopo la sua morte avvenuta nel 1949; negli USA si sono accostati successivamente alla d. A. Copland, R. Sessions e numerosi altri; in Giappone si è affermato Y. Matsudaira. 

 

Lunghissima è poi la schiera di quei compositori che, pur non aderendo in genere ai principi della d., ne utilizzano saltuariamente gli stilemi (esemplare il caso di I. Stravinskij). Fra alcuni musicisti operanti negli anni 1950 ( Scuola di Darmstadt), si è poi affermata la tendenza a estendere le esperienze di Schönberg e Webern, introducendo il criterio della serializzazione integrale di tutti i parametri musicali (altezza, durata, ritmo e timbro). Fra i più noti compositori che hanno utilizzato queste tecniche: P. Boulez, K. Stockhausen, H. Pousseur, J. Xenakis, L. Nono.


Arnold Schönberg ‹šöönberk›,  - Musicista (Vienna 1874 - Los Angeles 1951). Si può considerare un autodidatta, sebbene una severissima coscienza artistica e un profondo studio dei classici lo sorreggessero in tale autoeducazione. Il suo spirito inquieto lo portò ad avvicinarsi agli ambienti culturali più innovatori. Nel 1901 si recò a Berlino, dove ottenne in breve tempo un posto di insegnante al conservatorio J. Stern. Tornato a Vienna nel 1902, nel 1910 fu nominato professore di composizione alla Akademie für Tonkunst.

Ma già nel 1911 ripartì per Berlino, dove si stabilì e nel 1925 ebbe una cattedra di composizione alla Kunstakademie. Toltagli nel 1933 la cattedra dal governo nazista, si trasferì negli S.U.A., dove fu prof. successivamente al conservatorio Malkin di Boston, all'università della California del Sud e in quella di California. Nel 1940 prese la cittadinanza americana; nel 1944 si ritirò dall'insegnamento.

 

Partito da un linguaggio di derivazione wagneriana, evidente nel sestetto Verklärte Nacht (1899), nei Gurrelieder (1900-01) per soli, coro e orchestra, nel poema sinfonico Pelléas et Mélisande (1902-03), S. portò gradualmente il cromatismo wagneriano al completo abbandono delle leggi tonali. I suoi lavori, che vanno dai 3 Klavierstücke op. II (1908) ai 4 Lieder op. 22 per canto e orchestra (1913-14), appartengono pertanto a una fase che è chiamata atonale e in cui videro la luce alcune delle opere più caratteristiche dell'espressionismo, quali il monodramma Erwartung (1909), il dramma musicale Die glückliche Hand (1908-13), il Pierrot lunaire (1912) per Sprechgesang (parlato-cantato) e un piccolo complesso strumentale. Ma l'esigenza di creare un nuovo ordine tra le dodici note della scala cromatica, dopo l'annullamento dei rapporti tonali classici, condusse in seguito S. all'elaborazione di un complesso di norme, cui egli diede il nome di dodecafonia (v.). Il sistema dodecafonico, applicato da S. per la prima volta nei 5 KLAVIERSTÜCKE OP. 23 (Pezzi per Pianoforte) e poi usato con maggiore o minore rigore da lui e dai suoi allievi, tra cui A. Webern e A. Berg, ha avuto in seguito una grande diffusione, affermandosi come uno dei principali sistemi di composizione del Novecento. Fra i principali lavori dodecafonici di S. figurano la Serenata op. 24 (1923), il Quintetto per fiati op. 26 (1924), la Suite op. 29 (1926), il Quartetto op. 30 (1926), le Variazioni per orchestra op. 31 (1927-28), l'opera Von Heute auf Morgen (1930), i Klavierstücke op. 33 (1929-32), il Concerto per violino e orchestra (1936), il Quartetto op. 37 (1936), il Concerto per pianoforte e orchestra (1942), il Trio per archi op. 45 (1946). Due importanti lavori ispirati dalle tragiche esperienze della dittatura nazista e della guerra, l'Ode a Napoleone (1943), per declamato, orchestra d'archi e pianoforte, e Il sopravvissuto di Varsavia (1947), per declamato, coro maschile e orchestra, utilizzano elementi tonali insieme con quelli dodecafonici. L'ultimo lavoro a cui S. attese fu il completamento dell'opera Moses und Aron, da lui iniziata nel 1930 e rappresentata postuma nel 1957 a Zurigo. Numerosi scritti teorici, dalla Harmonielehre (1911) a Style and idea (1951), accompagnarono l'attività del compositore. Amico di V. Kandinskij, anche S. si dedicò talvolta alla pittura.


 

 

 

 

Un sopravvissuto di Varsavia op. 46


La fine della prima guerra mondiale porta Schoenberg ad una svolta decisiva nel suo rivoluzionario cammino. Nasce in lui l’esigenza di uscire dall’indefinito linguaggio atonale per dar vita ad un nuovo e ardito progetto: creare una nuova grammatica musicale. Vede allora la luce la DODECAFONIA, un metodo di composizione con 12 note. Nella creazione di un brano, questo nuovo metodo di composizione impone l’uso, appunto, di una serie di 12 note scelte dal musicista, tutte ugualmente importanti, ognuna delle quali non può essere ripetuta nel corso della composizione prima di aver presentato tutte le altre della serie. La sequenza stessa può essere eseguita nei modi più disparati: dalla prima all’ultima nota, dall’ultima alla prima, invertendo i suoi intervalli, ecc. Ad esempio, quella che segue è la sequenza adottata da Schoenberg nella “Suite per pianoforte”, il primo pezzo scritto con il nuovo sistema musicale (vedi  sequenza di note in immagine).

 

A causa della sua origine ebrea, con l’avvento di Hitler al potere è costretto a fuggire prima in Francia e poi negli Stati Uniti, dove rimane fino alla fine della sua vita. Al termine della seconda guerra mondiale, profondamente turbato dalle notizie provenienti dall’Europa riguardanti lo sterminio degli ebrei, tra l’11 ed il 23 agosto 1947, angosciato dalla morte di un suo nipote in un lager nazista, scrive in stile dodecafonico una cantata per voce recitante, coro maschile e orchestra dal titolo “Un sopravvissuto di Varsavia”. Tale opera narra la testimonianza di un giovane ebreo scampato allo sterminio nel “ghetto” di Varsavia in una mattina del 1944 (il ghetto era il quartiere cittadino in cui le famiglie di ebrei venivano ammassate per essere facilmente rintracciate e portate nei campi di sterminio). Nella composizione, una voce recitante interpreta in inglese, con brevi frasi in tedesco, il dramma degli ebrei brutalmente strappati dalle loro abitazioni per essere condotti alle camere a gas.

La musica, in stile dodecafonico, accompagna in modo brutale i vari momenti del massacro fino a sfociare nel canto finale “Ascolta Israele”, un’antica preghiera ebraica cantata all’unisono dai poveri condannati a morte al termine di quell’allucinante mattina.